I Korowai

Isola di Papua, Indonesia

L’isola di Papua si può raggiungere comodamente in aereo da tutte le isole più grandi, e noi ci siamo arrivati in 5 ore con un volo da Jakarta, e si arriva all’aeroporto di Sentani.

Poi per visitare la Valle del Baliem, con un’ora di volo siamo atterrati a Wamena, che da piccolo villaggio fino a pochi decenni fa, si è trasformata in una cittadina con diversi servizi. Raggiungerla via terra è però ancora quasi impossibile, se non con vari giorni di viaggio in fuoristrada, ma senza la sicurezza di raggiungerla. E’ invece assolutamente impossibile raggiungere via terra le “low lands”, le terre basse, la terra del popolo Korowai.

Siamo nel cuore dell’isola, una distesa immensa di giungla, bagnata continuamente da una ragnatela di piccoli e grandi fiumi che la rendono inaccessibile. E così infatti è stato fino alla fine del 1970. I Korowai non avevano mai avuto contatti con nessuno, neanche con le altre popolazioni di Papua, a causa, o grazie, alla morfologia dell’isola. A nord, un’impervia catena montuosa gli ha sempre divisi dai popoli della valle del Baliem,

mentre a sud, milioni di chilometri quadrati di giungla e acqua, non gli hanno mai permesso di avvicinarsi al mare, dove vivono gli Asmat. Oggi ovviamente tutto è cambiato, ma per arrivarci bisogna comunque organizzare una vera e propria spedizione. In 20 minuti di volo da Wamena, sorvolando le alte montagne, si raggiunge Dekai, adagiata sul Braza river. Un avamposto costruito recentemente dal governo per offrire i servizi basici, e porto per le imbarcazioni che navigano sul fiume. FOTO MACCHINA Qui infatti si fa rifornimento di tutto il necessario e in 7/8 ore di canoa a motore si arriva a Mapul, dove ci si deve fermare per la notte. Anche Mapul è un piccolo villaggio costruito dal governo, di circa 500 persone, alcune delle quali si sono trasferite qui da Sulawesi per commerciare. L’altra parte della popolazione è composta da Korowai che hanno lasciato la loro vita tradizionale, un po’ per scelta e un po’ perché obbligati.

Oggi i bambini possono frequentare la scuola ed hanno anche una chiesa dove andare a messa la domenica. L’ultimo censimento, e forse anche l’unico, fatto nel 2010, contava circa 3000 Korowai sparsi in un territorio immenso, e non è infatti facile incontrarli, bisogna inoltrarsi a piedi nella giungla. FOTO TRONCO Inoltre non vivono in villaggi organizzati e stanziali, ma la singola famiglia, o famiglia allargata, si sposta spesso nella giungla e costruisce delle case dove trova da mangiare. Finito il cibo, o perché le case non tengono più, si sposta e costruisce nuove case. FOTO PORTATORI Caricata tutta l’attrezzatura con l’aiuto di 12 portatori, il cuoco e la guida, come in un vero documentario, inoltrandoci nella giungla, siamo riusciti a raggiungere la famiglia di Peter, il capo famiglia, che circa sei mesi prima aveva aperto una radura nella fitta vegetazione e in neanche una settimana aveva costruito le nuove case. I Korowai sono il popolo che vive sugli alberi. La casa più alta, che si chiama Luonkhaim, è la casa di Peter, ed è alta 30 metri, quella di 7 metri è di Matios, il più anziano, mentre le donne e i bambini ne hanno una più bassa. Per controllare il territorio, difendersi dai nemici, dagli animali pericolosi e dalle zanzare, gli uomini da sempre dormono in cielo. Oggi sono rimaste le zanzare, animali pericolosi non ce ne sono quasi più, e nemici neanche. I Korowai non hanno mai fatto la guerra contro altre tribù, ma solo tra di loro, ed il motivo più frequente dei litigi era a causa delle donne. Fino a circa 40 anni fa mangiavano la carne del nemico ucciso, perché così facendo credevano di cacciare via il demone cattivo, il Khakhua.

Ancora oggi, non avendo conoscenze mediche, ritengono che le morti misteriose siano da attribuire ai Khakhua. I Korowai non fanno uso di farmaci e le malattie vengono curate con le erbe, quindi il tasso di mortalità è molto alto, e generalmente non raggiungono i 50 anni di età e le malattie mortali sono ancora la malaria, la tubercolosi, l’elefantiasi e l’anemia. Oggi sono ad un bivio, alcuni di loro hanno già scelto di cambiare vita, molti ancora però sono rimasti nella giungla. Ma tutti ormai hanno già avuto dei contatti con l’esterno e sanno quindi che la loro vita cambierà. Noi siamo stati con Peter e la sua famiglia allargata per 4 giorni, e abbiamo avuto la fortuna di seguirli nelle loro occupazioni quotidiane. La principale è sicuramente la ricerca del cibo, un lavoro molto faticoso e che occupa praticamente tutti, uomini, donne e bambini. Abbattono con grande agilità la palma di sago, per ricavarne il sago che è il loro alimento base, e dallo stesso tronco lasciato marcire per 3 mesi raccolgono delle larve molto grosse, che sono la loro principale fonte di proteine. Per pescare un po’ di pesce, le donne svuotano un pezzo del fiume, costruendo delle dighe a monte e a valle. Si può dire che i Korowai sono completamente in simbiosi con la natura, si muovono agilmente e leggeri in qualsiasi situazione si trovino, sembra che non facciano mai fatica, possono scomparire e mimetizzarsi nella fitta giungla in un attimo. Dalla vegetazione ricavano qualsiasi cosa di cui abbiano bisogno, c’è sicuramente un patto non scritto fra la natura e i Korowai.

Ed è un peccato pensare che questa magia presto possa sparire. Peter ci ha detto che lui e la sua famiglia vogliono continuare a vivere nella giungla, anche se gli piacerebbe avere una canoa per navigare sul fiume. Il volto avventuroso dell’Indonesia.